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Millemiglia Alitalia, alla larga!

Il programma fedeltà Millemiglia Alitalia è semplicemente una presa in giro.

Nel periodo 2008-2012 ho accumulato la bellezza di 23.853 miglia, tra vari viaggi, utilizzo del programma Membership Rewards di American Express (su quest’ultima società ne avrei di belle da dire), etc..

Il programma è scaduto il 31 dicembre del 2012, ma è possibile ottenere i “premi” fino a giugno 2013, quindi sarei ancora abbondantemente in tempo. Visto che ormai vivo a Londra, un biglietto gratis o fortemente scontato per Roma sarebbe un graditissimo omaggio, quindi provo a navigare nel sito e cercare di capire come ottenerlo.

Esperienza numero 1: il sito Alitalia è brutto e fortemente scomodo! Non è subito chiaro come spendere le miglia, provo all’inizio a prenotare un biglietto con il form in prima pagina, pensando poi (sciocco me) di poterlo pagare in tutto o in parte con le miglia accumulate, visto che sono loggato. Errore, ovviamente non è lontanamente possibile: l’unico modo è la carta di credito.

Esperienza numero 2: giro un pò per il sito, c’è la pagina relativa ai biglietti premio, scrive che si può andare in tutto il mondo e ci sono le solite foto di una coppia moglie-marito bellissimi e in forma smagliante sdraiati al sole in qualche paradiso fiscale. Ma dove cavolo si clicca per comprare i biglietti?

Esperienza numero 3: decido di consultare l’oracolo Google, scrivo “come spendere miglia alitalia per ottenere biglietto” e leggo che in effetti molti se lo chiedono. Evidentemente siamo sciocchi noi, non il designer del sito. In pratica si deve andare sulla pagina di richiesta premi, ma cliccare su di un oscuro link relativo ai “premi dell’edizione 2008-2012”. Ci clicco e arrivo alla

Esperienza numero 4: una pagina di prenotazione che sembra risalire al 1998, a giudicare dal design e dall’usabilità. Form piccini, navigazione scandalosa e spaziatura amatoriale. Chissà quanto è costato, probabilmente 10 anni del mio stipendio. Inserisco aeroporto di partenza e di arrivo e le date. Ci sono delle icone che non comprendo, ma ovviamente lo sciocco sono io. Ho sempre le solite 23mila e spicce miglia, per l’andata ne occorrono 15.000 e altrettante per il ritorno. Penso “ok, ne mancano un pò, immagino che in fase di convalida mi dirà << ti mancano 1.800 miglia, le puoi acquistare per X euro>>”. Ahahahah, si come no. Come se ad un’azienda semi-para-statale italiana possa fregare qualcosa dell’esperienza utente. Mica stanno sul mercato loro. Sono frutto della peggiore stalinizzazione italica. Appena provo a cliccare sul secondo biglietto, quello da ulteriori 15.000 miglia, vengo rispedito alla pagina iniziale con un messaggino d’errore “attenzione, non hai miglia a sufficienza. Compra quelle che ti mancano”. Complimenti. Dove le compro? Il link non potevate metterlo?

Esperienza numero 5:  arrivo alla pagina dove si possono comprare le miglia e scopro che

Esperienza numero 6: le miglia si comprano solo a botte di 1.000 e

Esperienza numero 7: ogni botta costa 25 euro e

Esperienza numero 8: non posso comprare online quelle del programma scaduto ma solo quelle del programma in corso. Per comprare le vecchie miglia devo “contattare l’assistenza clienti”.

Esperienza numero 9: contatto quindi l’assistenza clienti, il cui numero sembra un numero verde, inizia con 89 qualcosa. Forse perchè il verde è il colore aziendale, allora probabilmente mi sono confuso. Chiamo il numero, musichetta, attesa, attesa, attesa, finalmente mi risponde una signorina del sud, abbastanza cortese. Le spiego che ho delle miglia e che ne vorrei comprare delle altre, e inoltre faccio la domanda che tutti si pongono: “ma oltre alle miglia, devo poi pagare qualcos’altro, tipo tasse o balzelli?” e la signorina, con tono di voce un pò dispiaciuto, mi dice che si, le tasse sono a parte.

Esperienza numero 10:  allora le chiedo di calcolarmi il costo di un biglietto per le date selezionate, un weekend di giugno. La signorina è affranta nel dirmi che “intanto le date da lei indicate sono tutte piene, ma le posso dire quanto le sarebbe costato”. E via a snocciolare cifre e cifrette, acquisto miglia, tasse, imposte, canoni e mance, tutto compreso sarebbe di circa 195 euro. La signorina mi fa vagamente capire che non mi conviene, perchè un biglietto comprato su un normale motore di ricerca mi costerebbe qualcosa in meno, e meno male che avevo i punti!

Esperienza numero 11: decido a questo punto di rinunciare a prendere il biglietto “omaggio”, tanto vale che lo compri altrove. Dopo un pò sul telefono mi arriva un messaggino che mi informa del credito residuo.. La telefonata alla gentile signorina del sud mi è costata quasi 6 euro! Metà del tempo l’ho passato in attesa e l’altra metà per apprendere l’inutilità del programma Millemiglia Alitalia, per un totale di circa 10 minuti.

Esperienza numero 12: Alitalia, vergogna! E per tacere del fatto che se uno cerca un volo Alitalia usando Kayak.it, il prezzo del volo sul sito della compagnia di bandiera è sempre quello più costoso, mentre lo stesso volo, cercato su Kayak.co.uk, è in linea con le altre agenzie di viaggio! Una compagnia aerea indecente, che costa allo Stato centinaia di milioni di euro e che cerca di speculare fregando gli italiani!

 

In pasto a thecityrooms.com, Londra

Trasferirsi in un nuovo Paese per iniziare una nuova carriera è sicuramente un evento importante, che richiede un grande numero di sacrifici, fatiche, emozioni. Molte cose sono da considerare, tante incognite, è una strada lunga e piena di insidie.

In questo frangente vorrei raccontare la mia esperienza con una letting agency di Londra, The London City Rooms, che propone alloggi a studenti e lavoratori nella parte est della città.

Non ho avuto modo di consultare altre agenzie durante la prima fase del mio soggiorno, in quanto il tempo stringeva e non ho potuto essere troppo schizzinoso; fatto sta che la facciata dell’agenzie è molto amichevole, personale fatto da ragazzi di tutto il mondo che in maniera amichevole e informale ti aiutano nella scelta dell’alloggio, ti spiegano le norme e via dicendo.

I dolori arrivano quando il contratto è firmato e si deve salire al piano superiore per le questioni burocratiche/amministrative.

In vita mia poche volte ho avuto a che fare con persone così arroganti, furbe (nella peggiore delle accezioni possibili) e sfacciatamente parziali come queste. Dal “paghi con carta di credito, quindi ti addebitiamo il 5% in più”, al “paghi contanti ma non ho il resto quindi ti faccio un buono”, fino ad addebiti misteriosi, costi che compaiono dal nulla, promesse fatte e poi non mantenute.

Da vari indizzi mi è parso di capire che la gestione sia cinese, e per mia esperienza diretta e pluriennale i cinesi vantano l’invidiabile primato della mancanza assoluta di compassione ed etica per chiunque, anche e soprattutto verso coloro che rappresentano la loro fonte di sostentamento, in questo caso i clienti.

Mi risulta veramente poco chiaro come sia possibile avere la faccia tosta di rubare pochi spiccioli (2,64 sterline, per l’esattezza) ad uno studente e pensare di offrire un buon servizio. Il customer care di (perlopiù) californiana estrazione è lontano geograficamente e ancor di più mentalmente per questi poveri mentecatti.

Da questa esperienza posso trarre più di un insegnamento, il più importante dei quali è probabilmente che l’unica arma economica/commerciale che ha l’Occidente nei confronti dell’inesorabile avanzata asiatica sia un raffinamento dell’esperienza utente e non certo una scellerata guerra sui prezzi.

Mi riprometto, non subito ma sperabilmente nel prossimo futuro, di fargliela pagare con gli interessi. Il bruciore di stomaco che mi procurano le facce di bronzo spadroneggianti può essere alleviato solo ripagandoli della stessa moneta moltiplicata dieci volte.

La fine del mondo

Nel grandioso film The Matrix, che non ha avuto alcun seguito, l’agente Smith cercava di spiegare perchè le macchine avessero ricostruito la società umana così com’era nella realtà, a seguito dei fallimenti che occorrevano quando si tentava di dare all’uomo un paradiso in terra; le sue parole erano “l’uomo riconosce come propria solo una condizione di miseria”.

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Modern Warfare 3, che stress

Videogiocare è una passione che ho sempre avuto, fin da bambino. Ho fatto la classica trafila di gran parte della mia generazione, quindi Atari 2600, Commodore 64, non ho avuto l’Amiga, poi per un bel periodo ho avuto vari PC, passando dal DOS a Windows in tutte le sue incarnazioni, iniziando il periodo delle console con l’immortale Playstation, la prima, ordigno portato dal babbo da uno dei suoi viaggi di lavoro in estremo oriente.

Sono stato fan della prima Xbox, usata anche molto come mediacenter grazie al meraviglioso XBMC, e posseggo attualmente un paio di Xbox 360, una Playstation 2, una Playstation 3, un Nintendo DS buttatocall of duty modern warfare 3 logo da qualche parte e alcuni computer Windows e un paio Apple.

Quando ho tempo, generalmente la sera, mi piace giocare online a Modern Warfare 3, l’ultima incarnazione della serie Call of Duty, un amalgama tra il presente e il futuro delle tecnologie militari. Il gioco è frenetico, devastante, una partita tira l’altra.

Tutto bello e perfetto? NO! Quando funziona bene, è una delizia. Quando funziona male, è una dannazione. Ora non sono riuscito a capire se il maledetto lag che affligge una partita su tre dipende dalla mia connessione ADSL, se dalla scelta dei server di gioco, se dal segno zodiacale o da qualche allineamento strano tra pianeti. Fatto sta che provoca un’enorme frustrazione il non poter confrontarsi ad armi pari con altre persone, le quali in una frazione di secondo possono infilarti una raffica di proiettili nel sedere mentre tu ancora non hai capito che succede.

Diciamo che il lato positivo è che insegna ad avere molta pazienza e rappresenta anche una parabola della vita, dove non sempre il più bravo riesce, ma anche il più fortunato. Vorrei anche tanto capire, un giorno, se la colpa è del maledetto provider o della prigrizia dei programmatori che non hanno ottimizzato i server di gioco, e poi incontrare il colpevole di persona, dandogli 10 secondi di vantaggio per scappare.

 

 

 

L’esperienza con Consegnato.com

Desidero riportare qui la mia esperienza con il sito/servizio Consegnato.com.

Tale sito sostiene di offrire un servizio di tramite per poter acquistare, dall’Italia, presso degli e-shop statunitensi che non spediscono al di fuori del loro Paese. Consegnato.com fornisce, previa registrazione gratuita, un indirizzo da inserire come recapito di spedizione all’atto dell’acquisto in questi e-shop.

Nella pratica l’ho utilizzato due volte, entrambe per acquistare da Amazon.com. La prima volta ho preso un kindle touch 3g, la seconda, dopo circa un paio di settimane, per comprare un kindle fire.

Fino a qualche giorno prima del mio primo acquisto, la loro politica era di applicare una tariffa forfettaria in base al peso-volume delle spedizioni, comprensiva di tutti gli oneri (trasporto, iva, dazio, etc..). In pratica, per un pacchetto contenente un kindle touch, grossomodo grande come un libro di scuola e pesante la metà, si andava a pagare una ventina di euro e in un paio di settimane arrivava a casa.

Per vari loro problemi che non hanno mai specificato chiaramente, da un certo punto in poi tutte le spedizioni, compresa la mia, subivano un incremento del 20% sul valore della fattura d’acquisto: sul kindle, costato 149 dollari, erano altri 30 dollari, cioè 20 euro. Pacchetto ricevuto nelle solite due settimane e pace.

La sorpresa è arrivata quando ho acquistato il Kindle Fire: Amazon lo ha proposto in offerta speciale a 139 dollari solo per poche ore, visto che era un oggetto interessante ho deciso di acquistarlo, calcolando che poi ci sarebbe stato un supplemento spedizione + 20% per un totale di 35 euro, in fondo si trattava di un oggetto simile, per dimensioni e costo, del touch che avevo preso 3 settimane prima. Pago sul sito amazon, dopo 2 giorni arriva puntualmente a destinazione (Amazon e Apple sono degli esempi da manuale per la logistica, oltre al resto naturalmente), se non fosse che il giorno prima (a pacchetto in viaggio), Consegnato.com cambia le regole in corsa: da quel momento si paga come al solito in base a peso-volume, ma spediranno con un servizio super-celere di FedEx (rivelatosi poi il servizio Economy della stessa), corriere al quale poi si dovranno pagare tutti gli oneri doganali! E allora i 24 euro che vi ho pagato per cosa sono, per cambiare busta?

Morale della favola, il pacchetto arriva dopo una settimana della spedizione FedEx (2 in tutto, dalla consegna di Amazon), previo pagamento di.. altri 40 euro! (29 di IVA e 10,qualcosa di “spese amministrative”).

L’insegnamento che ne ho tratto è che quando non si sa fare bene il proprio lavoro, sarebbe meglio prendere una bella zappa e andare a rivoltare le zolle di terra, invece di inventarsi un servizio che, se ben eseguito, sarebbe molto comodo. Invece pubblicizzano una cosa e dall’oggi al domani cambiano le carte in tavola, quando ormai ti sei affidato a loro.

Come consumatore avrei gradito:

1) se dovete cambiare le regole (prezzi, tempi, modalità, quello che volete) lo fate con un certo preavviso, di modo che io lo so prima e mi faccio i miei conticini della serva se mi conviene o no comprare negli USA;

2) avevano una loro pagina Facebook dove dialogare con gli utenti, io non l’ho mai vista ma ho sentito dire che c’erano flame continui. La loro soluzione è stata geniale: chiuderla! Immediatamente dopo se ne sono aperte 3 nuove, gestite da alcuni utenti particolarmente incazzati, questa in particolare: , che è veramente fuori controllo. Forse sarebbe stato meglio tenere la cosa sotto controllo con la propria paginetta? Errore da principiante ovviamente.

3) che alla mia email di rimostranze non si fosse risposto con del silenzio, ma magari un buono sconto, una risposta di sentite scuse firmata da un responsabile (non una certa “Mary”), insomma non del menefreghismo puro e semplice.

Nota a margine: ho avuto un’attività commerciale e so che alcuni clienti sono nati per dare, eufemisticamente, filo da torcere ai titolari. A volte anche io ho sbagliato e ho ripagato, porgendo anche le mie scuse. Ma qui non ci siamo proprio.