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Da Breezy a Valis

Qualche giorno fa, durante un pigro zapping televisivo, sono stato catturato da un film appena iniziato, protagonista una ragazza molto carina. Il film è uno dei primi diretti da Clint Eastwood, del 1973, Breezy, che racconta la storia di come questa hippy diciassettenne si innamori di un burbero e agiato imprenditore di mezz’età.

breezy clint eastwood Clint Eastwood dirige un film delicato, probabilmente realizzando su pellicola il sogno di tutti i maschi di una certa età, quello di ritornare giovani tramite il rapporto con una ragazza giovane. Come poi faccio spesso quando un film mi colpisce, vado a leggerne le notizie su Wikipedia, per saperne di più.

Risulta che la protagonista e il suo personaggio appaiono brevemente all’interno di un romanzo, primo di una trilogia, di Philip K. Dick, un autore di fantascienza che apprezzo molto, intitolato “Valis”.

Visto anche l’approcciarsi di un viaggio in treno piuttosto lungo e un Kindle Touch fumante, quale occasione migliore di procurarsi la trilogia in e-book e leggersela?

Valis è un romanzo in parte sconcertante, a metà tra la biografia e l’analisi introspettiva e psichiatrica di uno schizofrenico. Dick scrive prima come proprio alter ego, poi si discosta e narra in terza persona a proposito di un suo amico che altri non è che lui stesso. La loro (o sua) missione è, insieme ad altri amici, di trovare la vera essenza di Dio, in un misto affascinante di filosofia tardo neo-platonica, ebraismo, cristianesimo primitivo e altre influenze.

Sicuramente non è un boccone facile, siamo distanti alcuni parsec da roba fine come la saga di Twilight o le acute e imprevedibili storie di Dan Brown. Pare che Dick abbia scritto molta parte della sua trilogia sotto anfetamine, recuperando parte del materiale scritto dopo una dose di acido, acuendo la sua vena creativa un pò come secondo alcune leggende metropolitane avrebbe fatto Dante nella stesura della sua Commedia.

Il risultato è notevole, almeno per chi abbia piacere nella discussione dialettica metafisica, che analizza e discute l’essere dell’universo, della divinità e in ultima analisi dell’uomo.

Il secondo libro, Divina Invasione, si riaggancia al primo, ereditandone la base concettuale, ma è situato su di un background fantascientifico puro, nel classico stile di Dick: una società distopica governata da un partito-chiesa unico, di stampo comunista-cristiano-islamico, l’umanità che viaggia nello spazio senza problemi, tecnologie avanzatissime. In questo sfondo si muovono dei personaggi, uno dei quali è nientemeno che una sorta di reincarnazione di Dio, che si prepara allo scontro finale con il Maligno.

Il terzo e ultimo libro, La Trasmigrazione di Timothy Archer,  è stato pubblicato postumo e si tratta dell’ultima fatica letteraria dell’autore. A differenza del secondo romanzo, è privo di elementi fantascientifici, anzi si aggancia saldamente alla realtà: inizia il giorno in cui viene assassinato John Lennon e alcuni tra i personaggi hanno avuto rapporti con personaggi storici reali, come Martin Luther King o Bob Kennedy.

La trilogia di Dick riassume quindi le capacità dello scrittore, capace di passare dalla fantascienza pura al saggio di metafisica neo-platonica, per poi scrivere un romanzo fortemente storicizzato. Vale assolutamente la pena di leggerla, può riservare sorprese e risvegliare l’interesse in argomenti affascinanti.

Coriolanus

coriolanusTratto dall’omonima tragedia di Shakespeare, Coriolanus è un film ambientato in una realtà parallela contemporanea, dove gli Stati Uniti sono chiamati Roma, il potere principe è del Senato e tutti hanno nomi latini come Caius Martius (il protagonista), Menenius, Tullus Aufidius.

Caius Martius è un valorosissimo generale di Roma, appunto, reduce di molte battaglie che gli hanno lasciato sul corpo numerose cicatrici, simbolo di orgoglio guerriero. Ma questa caratteristica mal si sposa con la diplomazia e la retorica necessaria a districarsi nelle paludi della politica ad alti livelli, così, ad un passo dalla sua nomina a Console, successiva ad un suo intervento risolutivo presso una città del nemico, Coriolis, subisce il peggiore dei destini che deve affrontare chiunque sia salito fin sulle stelle, cioè la caduta nelle stalle.

Carico di ira e avvelenato dal desiderio di vendetta, si allea con il suo nemico storico per coadiuvare insieme una serie di attacchi a Roma e prenderne possesso.

Il film presenta un’altra peculiarità, tutti i dialoghi sono stati adattati direttamente dai testi del drammaturgo inglese, aumentando così la carica epica e solenne di tutti i personaggi. Quando Martius si rivolge ai suoi marines non lo fa con i rozzi toni da cowboy di un comandante statunitense, ma come un condottiero romano da antologia.

Ho trovato molto interessante e incredibilmente attuale la critica volta ai politici, più attenti al proprio tornaconto che al benessere della cosa pubblica e l’estrema volubilità del popolo, che prima acclama l’eore e poi, con artifici retorici, lo abbatte, senza la minima esitazione.

Shakespeare indubbiamente era un finissimo psicologo e sociologo, sapendo ritrarre gli aspetti più reali e anche foschi della società, che nonostante i secoli trascorsi sono rimasti fondamentalmente gli stessi.

Sicuramente un bel film, interpretato da un ottimo Ralp Fiennes che ne è anche regista, insieme ad un intenso Gerard Butler, secondo me decisamente più a suo agio nei ruoli drammatici (fu epico in 300) che nelle commedie. Peccato (o per fortuna?) che al momento, a più di un anno dall’uscita di febbraio 2011, non sia stato distribuito in Italia e quindi non ne esista una versione doppiata nella nostra lingua, costringendo quindi chi non ha dimestichezza con l’inglese a guardarlo con i sottotitoli, curati da un bravissimo gruppo di appassionati volontari.

 

 

La recensione di Battleship

La domenica pomeriggio è il momento della settimana ideale per andare al cinema, soprattutto se è una fredda giornata piovosa. Il film di questa volta è stato Battleship, che aspettavo da qualche mese, fin da quando ho visto il primo trailer.

battleshipL’idea di partenza è basata sul gioco della battaglia navale, proprio quella che ha permesso a milioni di studenti di non morire di noia durante le ore di scuola. Il concetto però non è esasperato, anzi rappresenta una piccola parte del film, che dura oltre due ore.

Costato, pare, 200 milioni di dollari, è infarcito di effetti super speciali, sonori e ovviamente visivi. Non ci sono attori famosissimi, a parte Liam Neeson che però si limita a qualche minuto nei panni dell’Ammiraglio della Flotta del Pacifico, e forse questo è un bene. Troppe volte ho visto film mediocri che usano gli attori del momento come richiamo.

Dal punto di vista della sceneggiatura c’è qualche buco, alcune cose accadono in maniera inspiegabile (tipo un tizio che non va insieme ad altri 2 in macchina perchè ha paura, questi viaggiano, arrivano in un posto, combattono e nel momento in cui se la vedono brutta appare magicamente il tizio di prima. Senza auto?), altre invece sono illogiche e/o impossibili, del tipo gli alieni avanzatissimi hanno come unica arma delle loro navi delle specie di bombe lanciate a campana? Non hanno armi che sparano a traiettoria dritta?? Senza contare la battaglia finale, lievissimamente improbabile, ma che eviterò di spoilerare per evitarmi delle maledizioni di chi non l’ha ancora vist.

Tutto sommato Battleship è un film godibile, a patto di essere forniti di bibite e popcorn o, meglio ancora, nachos con salse e una sostanziosa sospensione dell’incredulità. Del resto se i film di fantascienza fossero strettamente logici probabilmente gli alieni che vi compaiono per invadere la Terra vincerebbero.